Supermarket Artissima15

  di Ramona Vada

 

 

Con l'espressione compiaciuta di un bimbo appena allattato, il direttore di

Artissima Andrea Bellini ha fatto sapere che Artissima15 ha raggiunto record di pubblico con 40.000 visitatori (almeno la metà paganti!) e primato di vendite (in barba alla crisi finanziaria globale!).

Lunedì 10 novembre 2008 La Stampa di Torino titola "Record di vendite e

pubblico". Ma un risultato simile si era già visto lo scorso anno su La Repubblica del 11 novembre 2007 “Artissima ha venduto tutto”. Ma tant’è. Artissima funziona. Ma allora, per quale ragione ha bisogno di tutti i patrocini possibili e immaginabili, pubblici e privati, per aprire i battenti ogni anno? Misteri e dogmi.

La kermesse ha debuttato con uno strascico di polemiche locali per l'esclusione di note gallerie torinesi perchè non in linea con il trend che ultimamente veste la fiera. Hanno vinto molte gallerie straniere con le loro proposte radicalmente più chic di quelle forse un po' stantie che continuano a girare e rigirare nelle gallerie della città dove i soliti nomi noti, appunto girano e rigirano.

Di sicuro il fascino dell'esotico e dello straniero nell'arte rappresenta ancora un buon substrato sul quale far avvenire delle buone reazioni. Tutto ciò che si ignora ha due facce: o fa paura o attrae irresistibilmente. E di fronte a opere di fattura incomprensibile, firmati da enigmatici artisti dai background oscuri, il mercante d’arte si lascia travolgere dall'entusiasmo della scoperta e i suoi occhi non brillano di emozione come quelli di Bambi, ma piuttosto come quelli di Paperone durante il tuffo in cassaforte.

Degli artisti spesso non si sa niente o poco o i nomi risuonano familiari solo agli addetti ai lavori. Certo i galleristi sono lì per illuminare il visitatore sullo spessore concettuale delle opere e quant’altro ma è un po’ come una commessa quando ti dice che stai benissimo con un vestito che ti assimila le forme a quelle di un insaccato.

E alla fine della fiera – letteralmente – rimangono nella mente e nella rassegna stampa i personaggi più discussi come l’ispirato Giovanni Morbin che ha creato una fioriera a forma di svastica, certo della sicura polemica che avrebbe sollevato.

Raccontare queste scacchiere di stand-contenitori di oggetti d’arte non è

semplice senza banalizzarne le intenzioni.

Sembrerà di cadere nel retorico, ma bisogna riconoscere che Artissima non è

altro che una mostra-mercato, una fiera, sulla quale è inutile riversare

aspettative intellettuali, benché in Italia si distingua brillantemente per

l’organizzazione e l’eleganza di stile.

Innegabilmente tutti gli artisti, o quasi tutti, coltivano l’aspirazione ad esporre un proprio pezzo in una manifestazione di questo livello, dove i prezzi volano alle stelle, lo zelo dei mercanti raggiunge la luna e gli artisti...no, gli artisti non sono quasi mai presenti ad Artissima.

Collezionisti, venditori e critici si spartiscono le parole dell’arte e del mercato.

Quanto al valore di un’opera d’arte: più destabilizza e meglio è.

Il direttore Andrea Bellini sostiene “L’idea che un’opera debba gratificare

esteticamente è una concezione vecchia (…). Chi dice che l’arte debba

compiacere l’occhio? L’arte deve colpire al cuore (…)”. Sarà, ma un oggetto o è dotato di una certa carica estetica o è portatore di un messaggio comprensibile, non dico nobile ma almeno accessibile al fruitore dell’opera. Che colpisca al cuore, va bene, ma che ci arrivi al cuore, senza perdersi nei circuiti neuronali dell’artista o del fruitore. Non come quando ci si trovi di fronte ad un foglio di polistirolo color verdeacqua, messo in piedi sullo spessore laterale intitolato “senza titolo”: è difficile che colpisca al cuore.

Artissima ridicolizza il processo creativo e la ricerca artistica degradandoli ad

analisi commerciali, parificandoli a dinamiche di marketing da supermercato di

1° classe.

Artissima fa bene al mercato, ma non all’arte, né agli artisti (se non alle tasche di quelli che vendono!)

 

 

Photos & Texts ©Ramona Vada 2009

 

 

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